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Il prossimo 10 ottobre cade il 75° anniversario della Giornata mondiale della salute mentale e per quest’occasione il tema scelto è “Mental Health is an Universal Human Right” (La salute mentale è un diritto universale).
La malattia, e la malattia mentale in modo particolare, ha la capacità di rendere stranieri: nella propria casa, nel proprio contesto sociale e a volte perfino a sé stessi. L’esperienza della perdita della propria casa, così come tante persone oggi sperimentano nel mondo per povertà, guerre, privazioni e che vediamo nei flussi migratori che sempre più testimoniano l’attualità di queste realtà, l’esperienza della perdita delle personali sicurezze piuttosto che dei propri punti di riferimento, solleva il tema universale dei diritti, anche (e forse soprattutto) nei momenti di fragilità e vulnerabilità a cui la vita espone.
Il tema dell’estraneità non è certo nuovo per chi si confronta con una problematica di salute mentale, come pure per coloro che sono chiamati (in senso professionale, parentale, amicale e/o territoriale) a rapportarsi con chi necessità di un supporto. Possiamo azzardare un paragone fra chi vive un disagio psichico e sociale e le persone che cercano un destino migliore per sé e i propri figli. Sì, perché essere stranieri è anche «parlare» un altro linguaggio, estraneo ai modi e ai luoghi comuni, sentirsi ed essere fuori dal comune viene vissuto a volte anche come una colpa.
Il tema della salute mentale come diritto universale richiama ciascuno a considerare che non ci può essere nessuno escluso da tale diritto, che nessuno può essere discriminato e reso “straniero” per la propria condizione di salute. Al contrario occorrono tempi e spazi di accoglienza dove esercitare inclusione e cura, una cura che non parli solo il linguaggio della tecnica ma anche quello della relazione umana, della presenza, dell’ascolto.
Considerare la salute mentale come qualcosa che appartiene agli altri, a coloro che la perdono, a chi ne patisce le conseguenze dirette o indirette, significa dimenticare che la salute mentale riguarda invece tutti, e a ciascuno è affidata la sua cura. Come sottolinea il Prof. Gian Piero Quaglino nella testimonianza che il Centro competenze psicologia applicata della SUPSI con la Socioterapia dell’Organizzazione sociopsichiatrica cantonale e con il Club ‘74 hanno realizzato proprio per questa giornata, “la cura è il vitale che altrimenti si estinguerebbe se non ci fosse quello sguardo attento e quel sentimento di trasporto per far si che la vita sia custodita”.
La salute mentale come diritto universale così come viene tematizzata per questa 75ma Giornata mondiale, la vogliamo leggere come un richiamo alla universale necessità di cura: cura delle/nelle relazioni terapeutiche, cura dei/nei contesti e dei/nei luoghi di accoglienza della sofferenza, cura dei familiari e di chi accompagna nell’esperienza di malattia, cura degli operatori che affrontano le complesse realtà che la perdita di salute mentale solleva. Ma anche cura dei pensieri, della vita e della sua qualità, come premessa per accrescere e migliorare il benessere in una società dove nessuno si senta straniero per le condizioni in cui versa.
Di seguito l'intervista a Gian Piero Quaglino, a cura di Lorenzo Pezzoli: