Alessandro, com’è nata l’idea di scrivere un libro su questo tema?
L’idea nasce da un percorso rivolto alla prevenzione (l’uso consapevole e sicuro delle nuove tecnologie) che propongo anche in SUPSI da quasi vent’anni. Un’attività che in passato ha portato anche alla pubblicazione di altri libri e un gioco di carte di nome “Soogoi”. Lavorando nel campo della prevenzione e sull’utilizzo improprio della tecnologia nell’ambito del servizio di informatica forense, e avendo fatto uno studio approfondito con il mio dottorato di ricerca sui sistemi motivazionali interpersonali, ho unito le cose ed è nato questo libro. Si tratta di un progetto che vuole essere d’aiuto alle persone per conoscere le motivazioni che portano alla dipendenza dallo smartphone e da qualsiasi altro elemento tecnologico che interagisce con noi. Attraverso sette elementi cardine, il libro fa capire alle persone quali sono gli elementi motivazionali che ci spingono ad utilizzare lo smartphone in continuazione e con frenesia.
Nel titolo si cita la parola “dieta” Ma come è costruito il libro?
Il libro è strutturato su sette giorni: ogni giorno è previsto un ordine da eseguire legato a un oggetto del telefono che è predisposto e costruito tecnologicamente per stare in relazione con noi, applicando i sistemi motivazionali interpersonali (e in particolare il sistema dell’attaccamento e il sistema dell’accudimento). Permettiamo alla persona di conoscere gli stati motivazionali che lo portano a rispettare o meno l’ordine previsto nella dieta.
Hai sperimentato sulla tua pelle questa dieta? Com’è andata?
Sì, l’ho fatta anch’io che sono un utente medio e ho appurato che l’ipotesi che avevo, su base scientifica e tecnica, è validata, e quindi l’utilizzo degli SMI (Sistemi Motivazionali Interpersonali) funziona e funziona bene. Ed è questo l’aspetto innovativo di questo approccio, perché in realtà di dieta digitale ne parlano tutti da anni. Qui però abbiamo un aspetto di interdisciplinarietà e una fondatezza scientifica, con la dimensione clinica che incontra quella tecnologica. Il tutto diffuso con grande semplicità. Testando la dieta ho capito quali sono le motivazioni che mi legano e rapportano ai sette oggetti che ho identificato nell’uso che faccio dello smartphone. Dunque per alcuni ho capito perché li utilizzo in un certo modo, di alcuni altri ho capito che posso farne a meno, altri ancora invece risultano indispensabili poiché radicati nella quotidianità personale, professionale, famigliare e sportiva. Ma ora ne conosco le motivazioni e ne sono consapevole, ed è questo l’aspetto più importante che rimane impresso attraverso l’esperienza del libro. Un libro che non è solo da leggere ma anche da “fare”, richiede applicazione pratica. È un modello che ho depositato presso un notaio.
Ampliando gli orizzonti, dove pensi che ci possa portare a livello umano e relazionale l’utilizzo di queste nuove tecnologie?
Abbiamo tre elementi fondamentali: la tecnologia costruita a nostra immagine e somiglianza; l’intelligenza artificiale capace con gli algoritmi di apprendere e replicare gran parte dei nostri comportamenti attraverso i big data; il 5G che arriverà tra poco. L’unione di questi fattori consentirà di dare un’accelerazione digitale forte per cui gli ultimi cinquanta anni di investimenti tecnologici daranno d’un tratto i loro migliori frutti. Ma la scarsa consapevolezza e alfabetizzazione delle persone che utilizza questi strumenti è rimasta a cinquanta anni fa. Quindi il libro si colloca in questa prospettiva, evitare che fra dieci anni ci accorgiamo che andiamo a mangiare quello che ci dice Siri e che andiamo a bere quello che ci suggerisce Alexa. Se ci pensate, abbiamo atteso ben dieci anni prima di capire che con i social network il prodotto siamo noi e i nostri dati personali.
Come vedi la diatriba, il grande confronto mondiale legato al 5G?
Il 5G è una rivoluzione ancora più grande di quello che è stato internet, perché consentirà di ridurre la velocità di trasmissione dei dati e i tempi decisionali dell’intelligenza artificiale che starà nelle macchine e nelle cose. È dirompente perché darà un’anima digitale alle cose che con un indirizzo IP e un semiconduttore potranno essere collegati e interconnessi alla rete e dialogare e interagire esattamente con la capacità dialogica di un essere umano medio. È dirompente perché è destinato a quintuplicare la quantità d’informazioni che diventeranno attrattive per i luoghi di potere che vogliono avere il controllo sull’informazione stessa e sulla nuova società digitale. Il 5G consente di accendere l’ultimo livello in cui l’intelligenza artificiale, uomini e macchine dovranno convivere. Per questo motivo è un tema determinante e strategico che porta a confronti aspri tra Stati Uniti e Cina.
Come leggi il tema dell’utilizzo all’applicazione delle nuove tecnologie digitali a supporto della formazione?
Personalmente ho avuto un’esperienza concreta di sviluppo e utilizzo di tecnologia immersiva in SUPSI dal 2007 al 2011 con il progetto “WEBminore”, un videogioco orientato all’educazione per bambini e genitori. Abbiamo sperimentato l’approccio delle nuove tecnologie moderne nell’ambito della formazione, in tempi non sospetti (2007). È stata un’esperienza incredibile che ha coinvolto molte persone: associazioni, Polizia, scuole elementari, scuole medie, ed altri ancora. Oggi si presenta una nuova opportunità grazie al 5G, all’intelligenza artificiale, ai componenti hardware e software a basso costo ma molto prestanti. È possibile integrare nella formazione nuovi paradigmi, veri e non fittizi, che consentono di sfruttare la realtà aumentata e la realtà virtuale per arricchire l’esperienza didattica di studenti e docenti. Si possono sfruttare concetti fondamentale quali la partecipazione attiva delle persone. La definizione delle regole del gioco e la gestione di quello che gli specialisti chiamano “il senso di presenza” sarà davvero determinante.
Recentemente hai anche partecipato al Forum Economico di Davos. Di cosa ti sei occupato?
Ho avuto la fortuna di essere stato invitato come relatore durante il forum di Davos, e in particolare alla Caspian Week. Un’importante azienda petrolifera svizzera aveva una presenza al WEF di Davos per trattare temi legati alla Cyber Security. Ho avuto l’occasione di potermi confrontare con i massimi esperti mondiali di sicurezza cibernetica presenti, in particolare su quello che erano le infrastrutture critiche e i nuovi approcci rivolti alla Cyber Education, un nuovo concetto di educazione all’ambiente cyber su cui si sta lavorando per spostare il focus dalla prevenzione alla predizione. Un’esperienza unica e intensa che mi ha fatto crescere molto, sia professionalmente che personalmente, in cui con il nostro Servizio informatica forense abbiamo messo una piccola bandierina in mezzo a tante super potenze mondiali. È proprio vero, a volte il buon vino sta anche nelle botti piccole.
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