SUPSI, Dipartimento ambiente costruzioni e design, Aula Magna, Campus Trevano
Toni Rüttimann più noto come Toni el Suizo o, come lo ha definito il Times di Londra, “uno dei più discreti e invisibili eroi del mondo”, rappresenta un esempio straordinario di umanità e innovazione: trasformando elementi strutturali giunti alla fine della loro vita di servizio, come per esempio cavi delle funivie svizzere che diventano i cavi portanti dei suoi ponti, propone con successo un approccio alla sostenibilità delle costruzioni originale e all’insegna dell’aiuto al prossimo. In 28 anni ha costruito più di 700 ponti, catalizzando attorno alla sua iniziativa il lavoro di tanti e la generosità di molte imprese.
Sarà possibile ascoltarlo nel corso della sua conferenza pubblica dal titolo “Una vita per i ponti, un ponte per la vita” il prossimo venerdì 20 novembre, dalle ore 17.00, presso l’Aula Magna del Campus SUPSI Trevano.
Programma
17.00 Saluto - Franco Gervasoni, direttore generale SUPSI
17.10 Presentazione - Ezio Cadoni, professore SUPSI
17.20 Incontro con Toni Rüttimann
Informazioni
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Toni Rüttimann
Toni Rüttimann nasce il 21 agosto 1967 a Pontresina, comune nel Canton Grigioni. Dopo aver frequentato le scuole primarie nel suo comune di nascita e conseguito la maturità liceale al Lyceum Alpinum di Zuoz, nel 1987, all’inizio dei suoi studi al Politecnico di Zurigo, rimane commosso di fronte alle immagini televisive che testimoniavano gli effetti distruttivi di un forte terremoto che aveva sconvolto l’Ecuador. Parte senza avere idea di cosa avrebbe fatto, ma sapendo per certo che doveva fare qualcosa.
Giunto in Sud America, si rende conto che, per le persone, anche solo il semplice atto di attraversare un fiume, soprattutto in circostanze d’emergenza, può decidere della vita o della morte di tanti. I ponti diventano perciò la sua ragione di vita.
Comincia il suo viaggio spinto dalle necessità collegate alle catastrofi naturali. Terremoti, inondazioni, uragani e smottamenti diventano così l’occasione per costruire ponti in Ecuador, Colombia, Honduras, El Salvador, Argentina, Nicaragua e Costa Rica. L’incontro con un profugo cambogiano lo porta, in seguito, ad affrontare nuove sfide in Vietnam, Cambogia, Laos e Myanmar.
“Dedico la mia vita a costruire ponti con uomini e donne che sono fra i più poveri del pianeta. Di per sé il mio sogno non è quello di costruire ponti, ma di contribuire a curare delle ferite, ad alleviare delle sofferenze, a riunire volontà ed energie provenienti da orizzonti diversi per realizzare qualcosa di bello, qualcosa di utile”.
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