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Frammenti di prodotti plastici hanno invaso laghi e bacini idrici artificiali su scala globale. A fare luce sul grado di contaminazione e sulle sue cause è un nuovo studio internazionale guidato dall’Università di Milano-Bicocca che ha coinvolto 79 ricercatrici e ricercatori del Global Lake Ecological Observatory Network (GLEON), attivo a livello internazionale nella ricerca scientifica sugli ambienti di acqua dolce. Sono stati, così, prelevati campioni di acqua rappresentativi di diverse condizioni ambientali da 38 laghi in 23 Paesi distribuiti in tutti i continenti eccetto l’Antartide.
Lo studio è stato pubblicato con il titolo “Plastic debris in lakes and reservoirs” su “Nature” (DOI: 10.1038/s41586-023-06168-4).
Il Settore ecologia acquatica dell’Istituto scienze della Terra della SUPSI ha partecipato alle attività di ricerca effettuando il campionamento nel Lago di Lugano. La presenza di plastica è stata rilevata anche nei laghi più remoti; i laghi di dimensioni maggiori e con bacini più urbanizzati sono risultati, tuttavia, i più colpiti. Tra questi si segnalano il Lago Maggiore e il Lago di Lugano, il Lago Tahoe (Stati Uniti) e il Lago Neagh (Irlanda del Nord), fondamentali per l’approvvigionamento idrico e le economie locali.
L’inquinamento da plastica può avere effetti dannosi non solo sulle economie umane, ma anche sugli organismi acquatici e sul funzionamento degli ecosistemi. “Per esempio”, spiega Camilla Capelli del Settore ecologia acquatica della SUPSI, “le microplastiche possono causare tossicità e alterare i naturali flussi di materia ed energia”. Inoltre, i risultati dello studio aprono una nuova prospettiva sul ruolo delle acque dolci nel ciclo dei rifiuti plastici.
“Le acque dolci continentali tendono a essere descritte esclusivamente come un vettore di trasporto delle microplastiche dagli ambienti terrestri, dove vengono prodotte, agli oceani” spiega Federica Rotta, dottoranda presso l’Istituto scienze della Terra della SUPSI. “Questo studio, tuttavia, sfata questa visione, mostrando come anche i laghi possano accumulare concentrazioni di microplastiche potenzialmente dannose per l’ambiente”.
“L’elevata contaminazione del Lago di Lugano e del Lago Maggiore non deve, però, creare allarme” aggiunge Fabio Lepori, responsabile del Settore ecologia acquatica della SUPSI. “Piuttosto, è un risultato che dovrebbe stimolare una maggior presa di coscienza dell’impronta dell’attività umana sulle nostre acque e la ricerca di soluzioni a salvaguardia degli ecosistemi e della biodiversità”.
Lo studio è stato coordinato dalla ricercatrice Veronica Nava, sotto la supervisione della professoressa Barbara Leoni, coordinatrice del gruppo di ricerca di Ecologia e gestione delle acque del Dipartimento di Scienze dell’ambiente e della terra dell’Università di Milano-Bicocca. “I risultati”, conclude la coordinatrice del progetto Veronica Nava del Dipartimento di Scienze dell’ambiente e della terra dell’Università di Milano-Bicocca “dimostrano la portata globale dell’inquinamento da plastica: nessun lago, neppure quelli più lontani dalle attività antropiche, può essere considerato realmente incontaminato: questo deve spingerci a rivedere le strategie di riduzione dell’inquinamento e i processi di gestione dei rifiuti”.
In alcuni laghi le concentrazioni di plastica rilevate sono risultate più elevate di quelle rinvenute nelle isole di plastica oceaniche, le cosiddette garbage patches. Lo studio mostra come i laghi e i bacini idrici, soprattutto quelli di grandi dimensioni, possano essere considerati “sentinelle dell’inquinamento”, in quanto agiscono come collettori e integratori di diverse fonti di plastica provenienti dal bacino imbrifero e dall’atmosfera.
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