Chiara Orelli
C. Orelli - Una formazione più attenta alle pari opportunità
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Chiara Orelli Vassere è referente Gender e Diversity all’interno del Consiglio SUPSI. Laureata in storia a Roma, attualmente dirige l’Istituto della transizione e del sostegno presso la Divisione della formazione professionale.
Può raccontarci il suo percorso professionale?
In passato ho diretto l’edizione italiana del Dizionario storico della Svizzera e poi SOS Ticino, no profit attiva nel sostegno a disoccupati e a migranti. Successivamente ho ricoperto il ruolo di coordinatrice istituzionale per la violenza domestica e sono stata deputata al parlamento cantonale.
In qualità di referente Gender e Diversity in seno al Consiglio SUPSI, sono stati fatti a suo avviso dei passi in avanti dal punto di vista delle pari opportunità all’interno della nostra Istituzione?
Sì, è stato fatto un importante lavoro, costellato di piccole e grandi conquiste, nella direzione del pieno riconoscimento delle pari opportunità e dell’inclusione delle diversità. È soprattutto decisivo l’impegno tenace e costante nel trasformare il modello o paradigma culturale che normalizza o quantomeno non problematicizza le disparità in una progressiva consapevolezza della necessità di integrare il tema della parità sia all’offerta formativa sia a tutte le componenti e realtà organizzative e amministrative della SUPSI. Piani d’Azione sulle pari opportunità, promozione delle carriere eque, allestimento di strumenti contro discriminazioni, molestie sessuali, mobbing, elaborazione di misure per la conciliazione famiglia e studio e/o lavoro: sono tutti tasselli di un cammino ormai consolidato nelle sue impostazioni di base e imprescindibile nel futuro.
Come si inseriscono le pari opportunità all’interno del tema globale dello sviluppo sostenibile?
La SUPSI si è data una politica della sostenibilità che ne considera tutte le sue declinazioni. Le pari opportunità, obiettivo dell’Agenda 2030 e della Strategia Parità 2030 del Consiglio federale, rientrano a pieno titolo nell’obiettivo della sostenibilità e della responsabilità sociale del nostro Istituto e sono ben rilevate, anche attraverso l’illustrazione di alcune delle buone pratiche messe in atto, nel primo Rapporto di sostenibilità, licenziato dalla SUPSI nel 2021.
Quali sono ancora le sfide che, come Scuola universitaria, ci aspettano sul tema?
Personalmente penso sia prioritario insistere nel promuovere una formazione più attenta alla dimensione di genere e all’inclusione attraverso un impegno programmatico a integrare questi temi nell’insieme dei piani di studi. Medicina di genere, urbanistica inclusiva (in città e spazi tradizionalmente disegnati in base alle esigenze del lavoro tradizionale maschile e con gerarchie sociali spazialmente definite), lavoro femminile a nulla o scarsa retribuzione: sono solo alcuni dei temi importanti in questa prospettiva ed è bene che la SUPSI ne sappia recepire il loro potenziale innovativo in misura maggiore e più organica di quanto già faccia ora.