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Il 2022 è stato un anno fuori norma per temperature, soleggiamento e per scarsità di precipitazioni. Queste condizioni meteorologiche estreme, come noto, hanno portato a una persistente penuria idrica. Le piogge di questa primavera sono riuscite a colmare il deficit dei corsi d’acqua e delle falde acquifere?
Le piogge di questa primavera 2023 non sono riuscite a riequilibrare un deficit idrico che ormai si protrae indicativamente da dicembre 2021. Complessivamente i livelli delle acque sotterranee nei mesi di maggio e giugno 2023 stavano temporaneamente rientrando nei valori medi pluriennali. Tuttavia, la scarsità di precipitazioni di luglio e agosto ma soprattutto la loro tipologia (eventi estremi di alta intensità ma di breve durata) non ha permesso una ricarica adeguata degli acquiferi: stiamo ancora osservando un trend di livelli discendenti. Le ultime forti piogge di fine agosto hanno innalzato i livelli in modo considerevole ma il mantenimento nel tempo di tali livelli dipende dalla frequenza delle precipitazioni nei prossimi mesi.
Che condizioni meteorologiche dovrebbero verificarsi per colmare il deficit? Detto altrimenti, è possibile immaginare quale sarà il probabile scenario da qui alla fine dell’anno?
Bisogna capire quale sarà l’andamento delle precipitazioni in termini di quantità ma soprattutto di frequenza nei prossimi mesi: per ricaricare adeguatamente nel lungo periodo gli acquiferi non servono precipitazioni intense, compresse in brevi periodi e molto localizzate, ma frequenti piogge, anche di bassa intensità, su aree estese.
Questa condizione di stress idrico quali ripercussioni potrebbe avere o sta già avendo?
Una mancata ricarica degli acquiferi comporta innanzitutto gravi disagi per quei comuni che sono dipendenti quasi esclusivamente dalle sorgenti per il loro approvvigionamento idrico: se una sorgente diminuisce in modo significativo la portata o addirittura scompare temporaneamente, il quantitativo di acqua captabile sarà di molto inferiore. Successivamente anche uno stress idrico prolungato degli acquiferi alluvionali porta a dover limitare il consumo idrico alle sole esigenze fondamentali, quindi idropotabile, agricolo e industriale. Usi non essenziali vengono vietati dalle aziende acqua potabile per razionalizzare la risorsa, che viene prioritariamente destinata all’uso potabile.
Nel nostro piccolo dobbiamo sempre più renderci conto che l’acqua sotterranea, sebbene invisibile, è una risorsa preziosa non scontata, un bene primario che dobbiamo usare con rispetto e parsimonia.
In Cantone Ticino circa il 90% dell’acqua potabile proviene dalle acque sotterranee, che possono sgorgare sia sotto forma di sorgenti ed essere quindi raccolte da apposite vasche oppure pompate attivamente fuori dal sottosuolo, attraverso pozzi. La verifica dello status idrico delle acque sotterranee è possibile solo monitorandole costantemente. Il settore idrogeologia dell’IST raccoglie dati e confronta le misure eseguite (sia mensilmente in modo manuale che in modo automatico attraverso sonde) con i valori raccolti negli ultimi 10 anni. L’Istituto scienze della Terra dal 2012 monitora su mandato del Cantone le acque sotterranee del Ticino in più di 100 punti di misura, di cui attualmente 19 attrezzati con sonde automatiche.