- 1 minuto
In un contesto globale segnato da pandemie, guerre, povertà e disastri naturali, è lecito chiedersi se i giovani riescano ancora a provare emozioni positive senza farsi sopraffare da tristezza, rabbia, paura e senso di smarrimento. Quello che è certo, è che queste emozioni negative sono in parte compensate se i giovani hanno la possibilità di vivere nel loro quotidiano esperienze scolastiche e professionali soddisfacenti, che li aiutino a realizzare obiettivi importanti, ad essere parte di un gruppo sociale e soprattutto a sentirsi utili.
Risulta quindi già intuibile come la scuola possa e debba giocare un ruolo fondamentale nel favorire il benessere dei giovani, permettendo a chi ha meno risorse di fare esperienze positive, favorendo le buone relazioni tra allievi e docenti, e adottando i principi dell’educazione positiva per integrare lo sviluppo di tutte quelle competenze che sottendono alla felicità e al benessere.
Un ruolo che non è però appannaggio esclusivo della scuola, bensì una sinergia condivisa con la società nel suo insieme, a cominciare da chi detiene una certa influenza sulla vita dei giovani ma anche degli adulti: genitori, insegnanti, datori di lavoro, formatori e via dicendo.
“Da un grande potere derivano grandi responsabilità” recita l’adagio. Nulla di più vero: più potere si ha, più responsabilità bisognerebbe sentire. Favorire relazioni positive e il coinvolgimento di giovani ed adulti in attività utili è dunque la chiave per permettere alle persone di sentirsi più appagate, di dare significato e valore alla propria vita, e di conseguenza, di alimentare quel circolo virtuoso per cui se sto bene, farò anche del bene.